Il 30 gennaio 2021, Mauricio, sarà la data di una finale nuova, tutta brasiliana, di Libertadores, quella tra il Palmeiras ed il Santos. Come sta vivendo il paese questo evento? La pandemia sta facendo razzie, nelle ultime ore si è registrato un aumento vorticoso dei contagi, la finalissima può essere se non una valvola di sfogo, magari un aiuto al virus della paura?
“Si sarà una finale davvero inedita, due squadre non di Rio che giocheranno a Rio, in uno stadio storico e vuoto, mentre nel paese la pandemia è ancora nel pieno. Ma i brasiliani la seguiranno con attenzione, ci saranno due squadre Pauliste a Rio, sarebbe come se due squadre di Milano giocassero a Roma”.
Palmeiras e Santos quasi a braccetto e senza mettersi d’accordo, hanno fatto fuori due colossi come River e Boca, estromettendole dalla finalissima e costringendole ai rimpianti
“Stanno molto bene, il Palmeiras ha un allenatore portoghese, come lo scorso anno quando il Flamengo trionfò con Jorje Jesus, il Flamengo poi non è stato più lo stesso senza di lui, come lui, tornato al Benfica, senza il Flamengo. Ferreira è subentrato a novembre a Vanderlei Luxemburgo che nel frattempo sta cercando di salvare il Vasco da Gama. Mentre Cuca, il tecnico del Santos, la Libertadores l’ha vinta nel 2013 con l’Atletico Mineiro dove c’era Ronaldinho. Il Palmeiras si è un po’ spaventato nella semifinale di ritorno dove dopo una vittoria per 0 a 3 all’andata, al Monumental, ha perso poi al ritorno per 0 a 2 in casa. Nel Santos occhio al venezuelano Soteldo, nel Palmeiras occhi puntati su Menino, un brasiliano molto giovane e promettente, all’ala destra”.
Nel Palmeiras, giocò un italiano come Marco Osio, adesso ci sono calciatori che hanno giocato in Italia come Alan Empereur, Gustavo Gomez, Felipe Melo, Luiz Adriano. Ma l’Italia non li ha aspettati o in patria rendono meglio?
“In patria sono più a loro agio ed hanno l’ambiente a favore, in Italia non hanno avuto il tempo di adattarsi. Prendi Pedro Guilherme, non ha davvero avuto, alla Fiorentina, nemmeno il tempo di giocare, ed ora al Flamengo ha già fatto 10 gol: bisogna darli il tempo in Europa, ma poi quando tornano qui, fanno bene”.
Il Palmeiras, vinse la Libertadores nel 99 contro l’America Calì, questo verdao sembra costruito, programmato per vincere, come attestano anche i titoli nazionali nel 2016 e 2018?
“Molte cose ha cambiato, a partire dai giocatori e dagli allenatori, non riesce ad avere una continuità, non riescono dei giocatori a rivelarsi con quella maglia, perché sono già richiesti, prendi Gabriel Jesus: è più facile prendere dei brasiliani e farli venire da noi che fare restare dei brasiliani qui”.
Invece la parabola di questo Santos, 3 Libertadores, ultima nel 2011 contro il Penarol, somiglia alla pellicola di un film: cambio di presidenza, giocatori che volevano cambiare aria ma ora, sono in finale
“Si tante traversie, compreso il fatto che per molto tempo non hanno pagato gli stipendi, momenti di crisi, però poi sul campo, tutto questo, è come se si mettesse tra parentesi, ed ecco la sana imprevedibilità del campo. Nel 2011, vinsero la Libertadores, ma presero successivamente la batosta dal Barcellona, nel mondiale per Club”.
Sabato 30 il Brasile come nel 2005 con San Paolo -Atletico Paranaense e nel 2006 con International – San Paolo, tornerà ad essere il centro del mondo calcistico e non solo?
“Allora in Brasile le squadre stanno facendo benone, il problema d’ora in poi, è battere le corazzate europee sia a livello di mondiale di Club che di mondiali, con la nazionale”.
Come finirà al Maranà?
“Sarà una partita molto tirata, non c’è un pronostico magari che pende più da una parte, poi in finale ci saranno per la prima volta anche i supplementari, mentre nelle semifinali c’erano subito i rigori. Forse finirà proprio ai rigori. Io vedo leggermente favorito il Santos”
Sappiamo esserci diverse radio brasiliane molto coinvolgenti nel racconto delle partite. Ma per la finale, su quale consiglieresti di sintonizzarsi?
“Andate su radio Globo o radio Tupi e vi divertirete sicuro”