Se ci fosse bisogno di un’immagine, per spiegare questo annus horribilis del Parma, basterebbe questa, scattata alla fine della gara interna contro l’Udinese. Prima la gioia perché qualcosa di nuovo sembrava poter nascere con qualcuno di nuovo, alias Fabio Liverani, poi ecco, spessa, l’amarezza, quando anche con il ritorno del vecchio prof D’Aversa, la classe non riusciva a scrollarsi di dosso lacune, insufficienze e fragilità. Il doppio vantaggio, costruito col redivivo Cornelius e il costante Kucka, invece che irrorare il gruppo, lo faceva rintanare nella sua scarsa solidità, così l’Udinese, allenata da un allenatore bravo, cinico e sottovalutato, come Luca Gotti, imbastiva la sua rimonta, schiaffeggiava il Parma rimandandogli in gola l’effimera gioia dei tre punti. Questo Parma sembra scrivere i suoi sogni su cartavelina e per di più con una penna un po’ bagnata. Erano vitali i tre punti, il punto, certo non si butta via, ma stride e sa davvero di occasione persa.
Le cose contro i friulani si erano messe bene: Pezzella sembrava irrompere come il Roberto Carlos dei tempi migliori, al posto del sinistro pareva avere un teletrasporto: così è nato il vantaggio di Cornelius, che non segnava dall’ultimo turno, in quel di Lecce, dello scorso campionato. La rete del biondo danese, sembrava una liberazione per i crociati, che tra le mura amiche, non vedevano questo evento dal 25 ottobre, gara contro lo Spezia, prossimo avversario dei ducali sabato alle 15 al Picco. Il gol, come spesso accade in questi casi, ecco sprigionare un effetto di dominio sulla partita, di voglia di creare occasioni. Al termine di una di questa, voilà il rigore di capitan Kucka: 4 degli ultimi 5 gol parmensi, portano la sua firma.
Non si sa poi quello che sia accaduto nell’intervallo, di sicuro non si sono stappate bottiglie di spumante come fece il Milan ad Istanbul nel 2005, che avanti di 3 a 0, buttò alle ortiche il secondo tempo facendosi rimontare 3 a 3 dal Liverpool e perdendo poi ai rigori. Una cosa è però certa: il Parma che è rientrato in campo, non era più quella scintilla di novità della prima parte di gara, ma un ammasso di dubbi iperbolici cartesiani. Troppo vellutato il destro di Rodrigo De Paul per la testa dell’ex Okaka. Troppo disarmata la difesa per opporre resistenza. Sempre di testa, questa volta con Bram Nuytinck, uno dei suoi tanti silenziosi trattori, l’Udinese sposava il pari. Mentre l’udinese ci metteva la testa, il Parma, toglieva il cuore dalla partita.
Si tende non di rado a dire, alla vigilia di gare così delicate, che è come una finale. Espressione, che ha voluto usare anche mister D’Aversa per sottolineare l’importanza della posta in gioco dentro questo confronto con la squadra di Gotti. Non era una finale, era di sicuro uno di quei treni da prendere al volo, specie quando eri arrivato in stazione in anticipo e con il gruzzoletto del doppio vantaggio. Insomma il biglietto lo avevi già fatto. Invece il Parma cosa fa? Perde questo freccia rossa che poteva portare la squadra a 16 punti direttamente e si riduce per salire su un trenino lento, triste, che alla fine, vale solo 1 punto, mille rimpianti e quella sensazione di aver terribilmente sbagliato il viaggio.