Comunque un film così sull’America non lo avevo mai visto. L’ho saputo come sempre da voci di corridoio di Oggisport devoto alla notizia quale sono e non alle chiacchiere senza logica.
Tutto il mondo ha visto e sentito che non solo l’ha fatto con superbia ma anche come uno che crede di avere il diritto di farlo! Come diceva il grande De Andre’: “si sa che la gente dà buoni consigli, quando non può più dare il cattivo esempio”.
Ma è ancora più significativo il fatto che un avversario della democrazia come Trump debba fare i conti con la novità che non sarà più il presidente dell’America.
Il dittatore folle dell’incompetenza. Le persone incompetenti tendono a sopravvalutarsi, a sovrastimare le proprie capacità, ritenendole nei casi più gravi addirittura superiori alla media.
Quanto al nome che conosciamo bene essa è chiamata democrazia poiché è amministrata non solo per il bene di poche persone, oligarchia del folle, bensì per una cerchia molto più vasta.
E a questo punto l’omone dagli occhi malati e dai capelli biondo platino irresistibilmente si levò dalla sedia e disse: “ci vediamo domani”.
Il Capital Hill devastato nelle immagini di stanze vuote aveva una strana pace, quasi che la natura stesse sbadigliando. Con le ombre e gli improvvisi rumori nel silenzio si avevano mille pensieri cercando di combattere la paura, lo sgomento ancestrale della solitudine e dei morti. Così tutti condividevano la solitudine immune di una nazione democratica dopo la tempesta, in un continuo vagare dalla mattina alla sera senza alcuna difesa. Tutto lecito come ai giochi di Scone.
Ecco i pazzi, i disadattati, i ribelli, i facinorosi, le spine nei fori quadrati, quelli che non sono appassionati e non rispettano le regole e lo status quo, quelli che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo con la violenza infarcita di latente razzismo e sono quelli che non ci riusciranno mai.
Osservandoli taluni personaggi dell’imboscata sembravano un po’ Hiro Honda, il giapponese che continuava a combattere nella giungla per decenni dopo la fine della seconda guerra mondiale come se fosse ancora il 44…
Intanto la follia in persona si presentava e cominciava a parlare di sé e del mondo, oppresso dal colore grigio del cielo, sforzatamente serio e ingrugnato.
A volte era seria, a volte ironica, a volte severa, a volte superba. Ora ammoniva, ora elogiava, ora richiamava, ora diceva di tornare indietro.
Ecco signori, il folle è servito, ritratto con la lingua leggermente fuori, espressione che aggiungeva alla tragica vicenda un profondo senso di supponenza. Freddo come l’Islanda, senza l’ombra di un fuoco.
Il nemico giurato del futuro presidente Biden. Le elezioni truccate, gli spargimenti di sangue nelle strade, l’arroganza, la protervia stavano cancellando la bellezza di un nuovo sogno. Certo ora non cavalcherà più un purosangue immacolato, ma per il suo paese e per il mondo sarà comunque il giorno del nuovo risorgimento.
Sembra una tragedia della follia Shakespeariana. L’impressione generale era di un viso lungo, triangolare, un po’ come il muso di un segugio in un gioco muliebre che conosceva. Una società ideale è un dramma recitato esclusivamente nella sua immaginazione. Il mondo è governato dalla follia e se lo dice la follia in persona possiamo crederci.
Infine c’è quella forma di follia positiva che il grande Platone chiamava mania, un andare fuori di testa verso una verità che non esiste.
“Meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente… It’s better to burn out, than to fade away, cantava Neil Young in My My, Hey Hey, dove però cantava anche” Quando te ne sei andato non puoi più tornare”…
La storia ci insegna che la ragione rende liberi, ma anche che la ragione genera mostri. Immaginiamocelo per un momento il folle che osserva davanti alla siepe di Recanati, che come un muro, i tanti che voleva costruire e guardiamolo rompere la crosta di questo mondo duro e compatto per aprire la strada all’infinito.
A che pro sfondare il muro del mondo?
Che il lupo rinfacci all’agnello di sporcargli l’acqua anche quando il lupo è in alto e l’agnello in basso è una pratica che aveva già descritto Fedro e che funziona sempre.
Ma per guidare gli altri bisognerebbe sapere dove andare dice in Rumble Fish, un film di Coppola il protagonista, ma come il folle non lo sa…
C’è una bella frase di Sartre che suona così: “la libertà è quello che facciamo con quello che ci è stato fatto”. Ci insegna a capire una cosa banale come l’esistenza degli altri. La libertà, quella vera non è facile da portare dentro. Ti costringe ad essere sempre te stesso, anche quando sarebbe molto più comodo fingere di essere ciò che non si è. La libertà è una condizione estenuante. Non appartiene a nessuno: siamo noi che apparteniamo a lei.
Augurargli buona fortuna sarebbe troppo poco e senza una palingenesi possiamo soltanto restare ad osservare…